Elezioni in Campania/L’avanzata della Lega

Le recenti consultazioni per il parlamento europeo non hanno rallentato il trend che ha contraddistinto ogni appuntamento elettorale in Italia nell’ultimo decennio, ovvero l’incertezza. La volatilità elettorale è così sistematicamente alta da non destare più alcuno stupore: i vincitori di prima sono sovente i nuovi perdenti e viceversa, con l’ovvia conseguenza che qualsiasi analisi di lungo periodo deve tener conto di un elettorato che fugge e che sfugge, restio a farsi incasellare in interpretazioni da talk-show. Le elezioni del 4 marzo 2018 sancirono il trionfo pentastellato, la crescita della Lega, il calo di Forza Italia e del Pd. Quattordici mesi più tardi i Cinque Stelle crollano, la Lega sbanca, Forza Italia s’avvia al tramonto e il Pd si situa tra color che son sospesi. Il voto in Campania riflette, grosso modo, la dinamica del voto nazionale: il Movimento 5 Stelle, Forza Italia e la Sinistra dimezzano i loro voti, la Lega li triplica e anzi di più, Fratelli d’Italia cresce, il Pd raggranella qualcosa. Il quadro elettorale nelle cinque province evidenzia la distribuzione eterogenea del voto alla Lega: se nel Napoletano essa passa dall’irrilevanza a un significativo 13,9%, nelle altre quattro province la crescita di Salvini è ben più poderosa e culmina nel 27,9% della provincia di Benevento, primo partito nel Sannio. Le due forze di governo esprimono insieme oltre la metà degli elettori in tutte le province.

Il voto alla Lega appare trasversale alle condizioni socio-economiche e alla struttura demografica (non c’è correlazione significativa con il tasso di residenti stranieri). Rubando voti un po’ qua e un po’ là, la Lega si eleva a dominus dell’area di centrodestra anche al Sud e in Campania, sostituendo Forza Italia nella rappresentanza dell’elettorato conservatore. Diffidare, dunque, di chi interpreta il consenso leghista come una mera manifestazione di disagio economico-sociale: chi soffre non vota, e quando vota si rivolge ancora ai Cinque Stelle più che altrove, come evidenzia l’analisi dei flussi elettorali nel comune di Napoli. C’è, però, un elemento che sembra spiegare con sufficiente accuratezza il voto a Salvini. Anche in Campania, come nel resto del paese, la Lega sfonda nei piccoli centri e cresce di meno nelle città medie e grandi. Il dato può prestarsi a più d’una interpretazione, la più immediata delle quali concerne il messaggio politico di fondo che qualifica il populismo di destra: una visione di “società chiusa” attrae di più l’elettore meno esposto ad alcune mentalità progressiste tipiche della città, o meglio dei centri cittadini: multiculturalismo, europeismo.

L’elevata mobilità elettorale che caratterizza l’Italia sconsiglia previsioni azzardate sul futuro. Se, da un lato, la Lega di Salvini è una forza giovane e con le potenzialità di conquistare gli elettori di residui di Forza Italia, dall’altro lato potrebbe risentire della consueta difficoltà che scontano i partiti di governo, benché tale fenomeno abbia riguardato, nell’ultimo anno, i soli Cinque Stelle. I dati sul voto di preferenza sembrano restituire quest’ambiguità. I tassi di preferenza della Lega in Campania sono inferiori a quelli di tutte le principali forze politiche, escluso il M5S. In altre parole, il voto alla Lega sembra essere un voto d’opinione, in quanto i candidati leghisti nella circoscrizione Italia Meridionale ottengono poche preferenze, nonché un voto carismatico, nella misura in cui oltre un terzo dei voti di preferenza sono stati espressi per il suo leader nazionale, Matteo Salvini. Ciò lascia intuire che il radicamento della Lega al Sud potrebbe rafforzarsi in seguito all’istituzione di una classe dirigente locale, ma anche – rovescio della medaglia – che un eventuale calo di fiducia nei confronti del leader potrebbe inficiarne la crescita. Il voto alla Lega, si è detto, è trasversale alle condizioni socio-economiche. Un altro indizio in favore di quest’ipotesi lo suggerisce l’approfondimento del voto nei quartieri delle città più grandi. Le elezioni politiche del 2018 avevano posto dei confini marcati alle interpretazioni del comportamento elettorale: nei quartieri in cui è più forte il disagio la partecipazione al voto è più bassa, e comunque premia largamente i Cinque Stelle. Specularmente, i partiti del centro e della sinistra (Pd su tutti) e Fratelli d’Italia ottengono maggiori consensi nei centri cittadini e, più in generale, nelle aree di maggior benessere. Il voto alle europee conferma in gran parte la succitata dinamica. È impressionante il divario del voto ai Cinque Stelle tra i quartieri di Napoli come Chiaia e Posillipo (prima municipalità, 18,5%) e i quartieri orientali e settentrionali della città (oltre il 50%, pur in calo rispetto al 4 marzo). Analogamente significativa, per motivi opposti, la distribuzione del voto leghista: 12,4% nell’ambito del comune di Napoli, ma con differenze non molto ampie tra le varie municipalità.

L’alto consenso della Lega nel Mezzogiorno testimonia il forte sviluppo della nazionalizzazione del partito avviata da Salvini. Una tendenza che, allo stato attuale, non ha motivo di arrestarsi, se non per cause esogene all’ormai accantonata frattura tra Nord e Sud. Il segretario della Lega ha lanciato un’opa totalitaria sull’elettorato liberal-conservatore. Quando gran parte della classe dirigente locale di Forza Italia si sarà trasferita con armi e bagagli al più quotato competitor della coalizione di centro-destra questo processo sarà verosimilmente giunto alla sua conclusione.

Marco Giannatiempo

 

Marco Giannatiempo

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