Asili nido, un servizio mancato

Con il diario delle elezioni vogliamo avviare alcuni focus sulle questioni e i disservizi che riguardano la pubblica amministrazione salernitana, come viatico per un possibile programma e per un auspicabile rinnovamento della composiziome della giunta e del consiglio comunale. Iniziamo con un servizio di Licia Amarante, insegnante e formatrice sugli asili nido, ricco di dati e di confronti con altre città che è stato presentato all’incontro del gruppoDEEP su “Cattivi servizi. Comune, partecipate, cooperative” tenutosi on line il 20 maggio scorso.

Gli asili nido sono definiti dalle Legge 448/2001, art.70, un servizio rivolto alla prima infanzia (0-36 mesi), finalizzato a promuovere lo sviluppo psico-fisico, cognitivo, affettivo e sociale del bambino e ad offrire sostegno alle famiglie nel loro compito educativo. Questo servizio viene sentito tanto di primaria importanza dal legislatore che ne regola la gestione, con una sentenza della Corte Costituzionale, come competenza delle regioni a carattere concorrente (e non residuale), soprattutto con riferimento all’individuazione dei criteri per l’organizzazione delle strutture. E ciò riveste una grande importanza visto che lo stesso carattere viene attribuito dallo Stato alle Regioni in materia di Sanità. Da un punto di vista economico, in base all’art. 6 del DL. 55/1983 (L. 131/1983), gli asili nido rientrano tra le categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale e per essi è prevista una contribuzione degli utenti a carattere non generalizzato non inferiore al 50% del costo (ed anche i Comuni in condizioni strutturalmente deficitarie hanno l’obbligo di copertura dei costi complessivi della gestione dei servizi nella misura di almeno il 36%), definita mediante tariffe che possono essere differenziate dai singoli Comuni con adeguate motivazioni di carattere sociale. E una sentenza del Consiglio di Stato (Sent. n. 4362 del 31 luglio 2012) ha sancito il divieto di intervento sulle tariffe degli asili nido da parte dei comuni, nel corso dell’anno scolastico di frequenza, anche in caso di diminuzione delle entrate, in quanto lesiva del principio del legittimo affidamento. Tutta questa attenzione del legislatore non ha tuttavia incentivato omogeneamente la dotazione nazionale di posti disponibili che è ancora al di sotto del parametro del 33% che l’Unione Europea aveva fissato già nel 2002 con il Consiglio europeo di Barcellona, come traguardo per gli stati membri da raggiungere entro il 2010 per sostenere la conciliazione della vita familiare e lavorativa e promuovere la maggiore partecipazione delle donne nel mercato del lavoro. Il livello medio nazionale dell’indicatore sintetizza situazioni molto diverse sul territorio. In alcune regioni del Centro-Nord l’obiettivo del 33% è stato superato da diversi anni, come la Valle d’Aosta, che ha il tasso di copertura più alto in Italia (47,1%), la Provincia Autonoma di Trento, l’Emilia Romagna, la Toscana e l’Umbria. Le regioni del Mezzogiorno si collocano tutte al di sotto della media nazionale del 24,7%, ad eccezione della Sardegna. Le situazioni più svantaggiate si riscontrano in Calabria, in Campania e in Sicilia, dove meno del 10% dei bambini sotto i 3 anni hanno un posto disponibile nei servizi socio-educativi per la prima infanzia.

Non meraviglia, dunque, che nella Regione Campania le leggi regionali riguardino soprattutto, se non esclusivamente, la costruzione o il completamento degli asili nido, secondo un’ottica diffusa di gestione materiale dei servizi e di opportunità di guadagno economico. Non certo di servizio al cittadino. Di questo, fulgido esempio è il Comune di Salerno. Nel territorio comunale vi sono 9 asili nido, gestiti da un Ufficio di Direzione, che provvede al coordinamento delle varie strutture in cui si articola il Servizio. Il titolare dell’Ufficio provvede non solo alla organizzazione e gestione delle risorse umane, ma anche alla gestione delle risorse economiche assegnate al Servizio, all’espletamento di gare, assegnazione di forniture, e di quanto altro necessario al buon funzionamento delle strutture medesime, nonché ai rapporti con Enti ed Associazioni diversi, con gli Organi dell’Amministrazione e con le famiglie degli utenti. Fin qui nulla da eccepire, se non fosse che a Salerno su 9 asili nido NESSUNO è a gestione diretta, ma ben 6 sono affidati alla stessa cooperativa e gli altri 3 a cooperative consorziate con essa. In particolare: 

DENOMINAZIONE

 

GESTIONE
Asilo Nido Comunale di Salerno VERNIERI (in general contractor con il Consorzio La Rada)

 

PROMETEO 82 cooperativa sociale*
Asilo Nido Comunale di Salerno BUONOCORE (in general contractor con il Consorzio La Rada)

 

PROMETEO 82 cooperativa sociale
Asilo Nido Comunale di Salerno BIRILLO (in general contractor con il Consorzio La Rada)

 

PROMETEO 82 cooperativa sociale
Asilo Nido Comunale di Salerno SORRISO (in general contractor con il Consorzio La Rada)

 

PROMETEO 82 cooperativa sociale
Asilo Nido Comunale di Salerno SARAGAT (in general contractor con il Consorzio La Rada)

 

PROMETEO 82 cooperativa sociale
Asilo Nido Comunale di Salerno D’ALLORA (ATI Comune di Salerno – Consorzio La Rada – Cooperativa Girasole) PROMETEO 82 cooperativa sociale
Asilo nido Comunale di via BOTTIGLIERI (in ATI con la Cooperativa sociale Città della Luna e la Cooperativa sociale Prometeo82)

 

IL GIRASOLE cooperativa sociale

 

Asilo nido Comunale di via Eliseo Iandolo, località PASTORANO (in ATI con la Cooperativa sociale Città della Luna e la Cooperativa sociale Prometeo82)

 

IL GIRASOLE cooperativa sociale
Asilo nido Comunale PREMUDA (in ATS con Comune di Salerno e Il Girasole)

 

LA CITTA’ DELLA LUNA cooperativa sociale

*(La cooperativa ha sede legale in via Tanagro, 2, a Salerno, stessa sede legale della Cooperativa La Rada) 

Lo schema non presenta certo una situazione di una normale amministrazione. Vale la pena un piccolo confronto con il Comune di BOLOGNA: su 83 asili nido, solo 23 sono a ‘gestione indiretta’ e MAI affidati alla stessa società (parrocchie, associazioni e cooperative). Nel Regolamento per la gestione ed il funzionamento degli asili nido del Comune di Salerno, si legge nell’art.2 che L’asilo nido è un servizio sociale ed educativo per i bambini di età compresa fra i tre mesi ed i tre anni, e costituisce obiettivo fondamentale di governo della pubblica Amministrazione finalizzato alla prevenzione dei disagi sociali, al sostegno alle famiglie ed al perseguimento della qualità della vita nella comunità. Ma la gestione economica non sembra andare in tal senso considerate le quote di compartecipazione mensile dell’utenza per la fruizione del servizio di asilo nido che sono così determinate:

Reddito ISEE TEMPO CORTO (Fonte sito Comune di Salerno)

Vale la pena fare un confronto, ancora una volta, con il tariffario del Comune di BOLOGNA.

 Fonte sito Comune di Bologna

Se solo si incrociano i nudi dati, facilmente si evincono alcune differenze sostanziali nella gestione economica e nella concezione generale di servizio pubblico: la divisione per fasce di reddito è grossolana nel Comune di Salerno, più minuziosa in quello di Bologna;  il tariffario bolognese blocca di fatto le quote fino ad un reddito di 10.000 euro annui (e va anche ricordato che a settembre 2020, la Regione ha varato un ulteriore ampliamento delle fasce di reddito a sostegno delle difficoltà economiche di questo periodo pandemico); la cifra minima del Comune di Salerno (reddito da 0 a 5000) è di 120 per il tempo pieno e 109 per il tempo corto, di contro ai 40 euro del tempo prolungato del Comune di Bologna (reddito da 0 a 10.000). E se il confronto tariffario non fosse sufficiente, l’analisi delle agevolazioni economiche, mostra ancora altro. Il Comune di Salerno, nel Regolamento già citato riporta nell’art.26 che I nuclei familiari aventi un reddito convenzionale non superiore alla pensione minima INPS o già assistiti economicamente dal Comune perché in permanente stato di indigenza, sono ammessi a fruire gratuitamente del Servizio.   Ed aggiunge, sul sito ufficiale, queste ulteriori voci: gratuità per un numero di posti pari al 15% della capienza complessiva degli asili nido comunali, a favore di nuclei familiari che versano in condizione di grave disagio socio-economico, previa segnalazione del Servizio Sociale professionale. Vi sono poi altre agevolazioni a favore di bambini con meno di tre anni affetti da gravi patologie croniche. L’importo del buono è di 1.500 euro su base annua per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il premio è corrisposto direttamente dall’INPS su domanda del genitore. Il bonus asilo nido viene erogato con cadenza mensile, parametrando l’importo massimo di 1.500 euro su 11 mensilità, per un importo massimo di 136,37 euro direttamente al genitore richiedenteche ha sostenuto il pagamento, per ogni retta mensile pagata e documentata. Ovvero le agevolazioni riguardano solo categorie di reddito in condizioni di grave disagio, ma previa segnalazione dei Servizi sociali, e per di più SOLO per una disponibilità limitata di posti! Sempre per avere un’idea del funzionamento ‘altrove’, nel Comune di Bologna, le esenzioni sono particolareggiate e vanno dalle condizioni di disabilità ai bambini in tutela, in affido eterofamiliare, collocati in struttura di accoglienza a quelli individuati dal Servizio sociale territoriale nell’ambito di progetti a loro tutela e di acquisizione sociale o di mantenimento dell’integrazione da parte delle famiglie, oltre ovviamente alle situazioni problematiche per reddito, sottolineando altresì che l’esenzione dal pagamento dei servizi educativi e scolastici può cumularsi con altri interventi comunali di sostegno al reddito. Si applicano poi anche una serie di sconti, con le più varie motivazioni, quali incentivi alle iscrizioni presso il servizio pubblico. E questo tanto per i normali asili nido quanto per i Centri per bambini e famiglie o per i nidi privati convenzionati o i PGE (Piccoli gruppi educativi) e le Sezioni Primavera. Appare quindi evidente che la gestione degli asili nido nel Comune di Salerno non rispecchia né la ratio della Legge nazionale, perché viene meno nei fatti il concetto di sostegno ai cittadini ed alle famiglie, né un principio di gestione di un “bene comune”, principio basilare nella gestione della cosa pubblica. Si evidenzia invece come l’ingresso di privati diventi solo un interesse personalistico e non un sano “partecipare”, essere, cioè, parte di un progetto pubblico, offrendo competenze specifiche per migliorare un servizio che resti del tutto pubblico. Viene, dunque, disattesa non solo la definizione che la Legge dello Stato dà del servizio stesso, ma (anche se in questo caso non si tratta di obbligo scolastico) gli stessi princìpi costituzionali che, negli artt.3 e 34, rendono obbligatorio il rimuovere, per ciò che riguarda l’istruzione, tutti gli ostacoli di ordine economico e sociale. Le Leggi esistono. Basterebbe solo applicarle correttamente.

Licia Amarante

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