Regionali/I 5 Stelle e la paura di scegliere

Ora da lassù, dove immagino si trovi, Oriana Fallaci avrebbe ben diritto di ricordarci che ci aveva già ammoniti nel 2001, quando poco dopo l’attacco terrorista alle Torri gemelle, nel primo libro della sua Trilogia, aveva così dipintola nostra antropologia come non avveniva dai tempi (1964) di “The Italians” di Luigi Barzini jr: “È un Paese così diviso, l’Italia. Così fazioso, così avvelenato dalle sue meschinerie tribali! Si odiano anche all’interno dei partiti, inItalia. Non riescono a stare insieme nemmeno quando hanno lo stesso emblema, lo stesso distintivo. Gelosi, biliosi, vanitosi, piccini, non pensano che ai propri interessi personali”. Sono passati quasi 20 anni e mai come ora questo tratto così distintivo dell’italianità è marcato quotidianamente della vicenda politico-sociale del nostro Paese. Non c’è materia della vita nazionale dove questa antropologica connotazione (nota e descritta nei dettagli già nel ‘500 dal Guicciardini) non trasformi la normale competizione politica in una gara a differenziarsi, opporsi, dividersi anche quando una soluzione condivisa su questo o quel problema apparirebbe a portata di mano. E invece di mettersi alla ricerca di ciò che può unire, si punta sulla propria “supposta” diversità per mettere in crisi qualsiasi soluzione al problema in agenda, avvitandosi in discussioni senza senso e soprattutto senza sbocco. Un’ulteriore prova che questo sia lo schema di “gioco” della politica nazionale lo abbiamo sotto gli occhi proprio in questi giorni in Campania, la regione più popolata del Sud Italia, governata da un politico del PD, partito di Governo insieme al Movimento 5 Stelle che nelle ultime elezioni politiche risultò il più votato in tutte le regioni meridionali. Logica avrebbe voluto che il Movimento avesse lavorato al consolidamento di quel grande successo che furono le politiche del 2018. Invece è accaduto esattamente il contrario. In soli due anni – per errori, rivalità, gelosia, personalismi e meschinerie (un mix di tutti i difetti descritti dalla Fallaci nel 2001) – si è accasciato dimezzando nei successivi confronti elettorali i voti ottenuti. E quando perdi oggi e perdi pure domani, le contrapposizioni interne s’infiammano e viene meno anche la necessaria lucidità mentale per capire su quale strategia convergere per recuperare. In Campania, poi, tutto si complica, perché è la regione del leader del Movimento. E Di Maio sa che un ulteriore pesante scivolamento dei 5 Stelle alle regionali di maggio potrebbe rappresentare per loro il colpo finale o l’avvio verso un lento recupero. Tutto dipenderà dalle decisioni prese e dalla tempestività con cui verranno prese. Quello che invece si vede in questi giorni è un Di Maio in difesa, che ha paura di scegliere, perché ha paura di sbagliare. E così non coglie al volo la palla delle elezioni suppletive al Collegio uninominale 7 della Campania per la sostituzione del deceduto senatore Ortolani (M5S). E invece di cercare l’accordo con il PD, si fa anticipare da De Magistris sul nome del noto giornalista Sandro Ruotolo, credendo di salvarsi l’anima sottoponendo al voto (718 preferenze su poco di 2000 votanti) sulla piattaforma Rousseau il suo amico di studi universitari, Napolitano. Intanto, la palla da lui persa viene raccolta furbescamente dal figlio del Governatore in carica, che non perde l’occasione per definire “giusta” la convergenza del PD e di DeMa sul nome del bravo giornalista televisivo. Racconta Tucidide nel famoso Discorso di Pericle agli Ateniesi del 466 a.c. che “benché in pochi siano in grado di dare vita a una politica, tutti in città siamo in grado di giudicarla”. Ora tocca a Di Maio di dare vita ad una politica di condivisione sulla scelta del candidato da proporre per le regionali di maggio prossimo. Scelga di guardare la luna e non il dito di chi gliela indica. Ma si muova, non temporeggi. La partita – giocata male nel primo tempo – della scelta del candidato per le elezioni suppletive nel Collegio 7 della Campania può essere ancora recuperata nel secondo tempo, che è quello che sceglierà il ben più importante nome del candidato alle regionali di maggio. Un secondo tempo decisivo per il futuro della Campania, che può ancora essere giocato insieme al PD, scegliendo un nome di alto profilo come quello, per esempio, del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa. Ma bisogna smetterla di traccheggiare. Bisogna rendersi conto (questa è la differenza tra “fare” politica o solo “giudicarla”) che correre da soli si può fare quando si è forti. E in questo momento, tanto più in Campania (dove comanda uno che sa comearmeggiare coi potenti mezzi di persuasione della borsa regionale), il M5S non è in grado di competere per vincere da solo. Ma potrà risultare decisivo per vincere “insieme”. Questi sono i soli termini politici in cui ragionare. Se il Movimento dovesse scegliere disastrosamente di puntare sopra un proprio candidato, certamente non vincerebbe. Ma contribuirebbe a far rivincere De Luca (che di fronte alla scelta solitaria del Movimento potrebbe addirittura ricevere anche l’appoggio di De Magistris, già cooptato per le suppletive) o a risuscitare il centro-destra. Se Di Maio vuole risalire la china, deve mettere il Movimento in condizione di poter vincere. Di fronte ad un’indicazione secca sul nome di Costa (che potrebbe ricevere a quel punto l’appoggio anche di DeMa, consolidando l’intesa per suppletive), difficilmente il PD potrebbe rinunciare alla possibilità di vincere insieme ai pentastellati, per tentare la partita con un De Luca isolato. Anche perché le prossime regionali si vinceranno con percentuali oscillanti attorno al 40%. Il solo modo per i 5 Stelle di non perdere elettori Campania è quello di portarli a votare per un proprio esponente in una vasta coalizione di forze politiche responsabili. Che agiscano in vista di un buon risultato comune, piuttosto che perdersi a giocare con il potere, i posti e quel poco altro che resta. Luigi Di Maio bruci i tempi e si mostri all’altezza della situazione, rendendosi disponibile per quel cambiamento di cui tutti si sciacquano la bocca, salvo poi a mettere pali e paletti che ne bloccano la partenza.

Giuseppe Vuolo

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