Stampa e potere, Salerno caso nazionale

“Quando sono stato invitato a questo incontro, ho avuto una certa ebbrezza,  come se mi avessero invitato ad un convegno sulla castità a Villa Certosa. Qui siamo nel cuore del problema, nel punto più alto del conflitto tra informazione e politica”. E’ stato severo il giudizio di Marco Demarco, direttore del Corriere del Mezzogiorno e oggi opinionista del Corriere della Sera tra gli ospiti illustri dell’evento “Informazione e Politica a Salerno”. Nell’incontro che si è svolto il 3 maggio scorso nella sala del Bar Moka, Salerno è stata definita un caso studio nazionale. Giornalisti di spicco del capoluogo salernitano, come Massimiliano Amato, Luciana Libero, Mimmo Donadio Florio, e i giovani reporter Marta Naddei e Andrea Pellegrino, che hanno già condotto numerose inchieste in ambito campano, insieme al moderatore Gabriele Bojano, hanno avvertito l’ urgenza di aprire la discussione oltre che con Demarco, con Vincenzo Iurillo de Il Fatto Quotidiano e Francesco Piccinini – direttore di Fanpage, il sito protagonista della nota inchiesta sui rifiuti. In una sala affollata, si è discusso dell’ esercizio di un’informazione che è spesso più celebrativa che distaccata, più di sudditanza che di indipendenza, poco attenta ai pro e contro di un decantato decisionismo amministrativo. Il mito del decisionismo è stato l’argomento prevalente di Demarco: “C’è chi pensa, ha affermato il direttore,  che la democrazia richieda decisione, e chi ritiene che senza democrazia non ci può essere decisione. In nome del fare, tendenza che ha caratterizzato anche Renzi, si sono sacrificati la partecipazione e il pluralismo e sono saltati quei corpi intermedi che possono rallentare il percorso decisionale ma che sono anche strumenti di controllo”. “Ma il fare, ha aggiunto Demarco, non giustifica tutto e se la politica sposta sempre più avanti l’asticella dell’opportunità, la stampa non può che fare altrettanto, per questo nello scontro tra De Luca e Piccinini io sto senza dubbio dalla parte di Piccinini”. Dai vari relatori sono stati portati molti esempi della anomalia del caso Salerno: “Sono anni, ha dichiarato Mimmo Donadio Florio, che con il gruppo dei Figli delle Chiancarelle, facciamo controinformazione sulla “narrazione” dominante. Ne sono esempi Le luci di artista,  che tutti i giornali decantavano ma nessuno dava conto del costo della manifestazione; o i “21 giorni per 21 opere”, in occasione di San Matteo, quando nell’intero periodo l’informazione si spegneva completamente e ad ogni inaugurazione faceva seguito un codazzo di giornalisti.  Per non dire della Piazza della Libertà costruita con i fondi europei per il risanamento del centro storico. Ecco, per la stampa salernitana c’è un’unica agenda, quella dettata dal “grande narratore”, un grande monologo che ha fatto venire meno la funzione di controllo del nostro mestiere”. Ha fatto seguito Marta Naddeo: “Per rendersi conto condizioni dell’informazione a Salerno, ha detto l’autrice insieme a Pellegrino dell’ebook “Il Sistema Salerno”- basta seguire un consiglio comunale e guardare i giornalisti che si lasciano andare a comportamenti di vera e propria tifoseria come se fossero allo stadio: più una claque dell’amministrazione che un gruppo di professionisti”.  “La precarietà di una giovane stampa locale, ha aggiunto Luciana Libero, ha comportato una progressiva dequalificazione della professione giornalistica e il risultato è la mancanza di un pensiero critico e l’appiattimento su un’unica fonte che è quella del potere”. Anche Iurillo di Il fatto quotidiano, conferma la diffusa consapevolezza della “ordinaria e folle deriva” che la stampa locale salernitana ha ormai intrapreso: “Fare un appello alla normalizzazione è impossibile se perfino una trasmissione innocua come quella di Concita De Gregorio suscita una reazione scomposta con minacce di querele. Chiunque non racconta la “Salerno da bere” viene dileggiato sul piano personale, come è accaduto a noi del Fatto. Questo ha creato una situazione abnorme, dove l’intervistato si fa cambiare l’intervista. Cosa è la tribuna di ogni settimana su Lira tv, informazione istituzionale? Allora ci vorrebbe una striscia sullo schermo che la indichi e in ogni caso la comunicazione istituzionale si affida con un bando, una gara. Insomma siamo nell’ambito di un rapporto tra privati per una tribuna politica personale”.  “A Napoli, ha concluso Iurillo, Demarco ha fatto le pulci al bassolinismo, ne ha indicato l’occupazione  militare del potere, la confusione tra la segreteria del partito e gli staff istituzionali delle partecipate su cui si era costruito il consenso; dove erano i Demarco qui a Salerno che potevano raccontare esattamente lo stesso?” “Né Vincenzo De Luca, né alcun membro di maggioranza dell’amministrazione comunale, sono mai venuti in casa mia, e credo in quella di nessun collega, a minacciare la nostra incolumità”, ha osservato Massimiliano Amato; a Salerno non  ce n’è stato bisogno, il giornalismo salernitano ha preferito la strada facile del servilismo e del silenzio a quella scomoda dell’osservazione, della ricerca, dell’analisi a prescindere dai personaggi di turno che siedono nei palazzi e c’è una sola parola per descrivere questa deriva: assuefazione”. In fondo è proprio questo il nocciolo del “sistema Salerno” e l’evento sull’informazione ha voluto rappresentare un grido di allarme, lanciato da una parte della stampa locale, quella convinta che il ruolo di ogni giornalista non sia trasmettere i comunicati stampa dagli uffici di Enti e Istituzioni. Molto esplicito in questo l’intervento di Piccinini di Fanpage: “La mia inchiesta sui rifiuti poteva riguardare qualsiasi politico, perché l’unico punto di interesse di una inchiesta è se il fatto c’è o non c’è, non quale politico riguarda. A me interessano le responsabilità pubbliche e sociali di una classe dirigente, il che non ha nulla a che vedere con le responsabilità penali, non è il mio lavoro. Oggi, in un giornalismo del ventunesimo secolo, non basta più che qualcuno racconti il fatto, bisogna farlo vedere”. Il messaggio dell’interessante incontro è stato proprio questo: il ruolo della stampa prescinde dai politici di turno, chiunque essi siano e di qualunque bandiera. Il ruolo di un giornalista è quello di cercare le fonti, di studiare le documentazioni e gli atti, di vigilare anche nelle fasi decisionali perché attraverso l’esercizio della critica, quelle decisioni possano essere effettivamente utili alla collettività. Il 3 maggio una parte della stampa salernitana che sente ancora con fermezza e rigore la propria responsabilità, ha voluto ribadire, oltre i semplici vincoli deontologici, i principi ispiratori di libertà e di indipendenza della professione.

 

 

 

MARCO GIORDANO

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