Gli intellettuali del “NI”. Le truppe di complemento del potere salernitano

Quando si scriverà la storia di questo lungo periodo del deluchismo, un denso capitolo dovrà occuparsi del ruolo degli intellettuali. Di quelli sedicenti, ma anche di quelli veri, giornalisti, professionisti, gente insomma di pensiero che pur essendo di spirito critico dotata, non lo usò soprattutto per non esporsi a farsi catalogare. Una pavidità che è costata cara all’intera comunità cittadina. In quel capitolo non sarà necessario fare nomi (evitiamo fraintendimenti) quanto indicare comportamenti, motivazioni, interessi, reticenze. Senza questo bagno di umiltà e di serena ma severa autocritica in interiore homine, Salerno non troverà mai la strada maestra per una vera, condivisa e armoniosa rinascita civile. Il cambiamento che oggi si richiede è infatti un cambiamento di registro. Una metànoia piuttosto che un vernissage che prometta gattopardescamente di cambiare tutto per non cambiare nulla. Il trentennio che ci approssimiamo ormai a celebrare si è caratterizzato per una gestione in solitario della cosa pubblica, una gestione che non ha conosciuto – nelle pur molte occasioni che si sono presentate – nessun coinvolgimento reale dei cittadini nelle scelte che si andavano facendo. Questo non è un metodo democratico di amministrare una città, bensì un metodo padronale. Il metodo di reclutare personaggi che nel corso del deluchismo si sono distinti come professionisti del NI si rifarà vivo per tagliare davanti agli oppositori tutti i ponti che possano portarli verso la possibile conquista democratica del potere. Del resto questo lungo regno ha potuto fare affidamento su truppe di complemento guidate da personaggi che non si scomponevano nell’ammettere di “non avere idee, ma che gli piacevano quelle di De Luca”. Il cambiamento di cui la città ha ormai necessario e vitale bisogno, per non morire in mezzo a una cementificazione (inutile e penalizzante per i cittadini che si sono visti dimezzare il valore delle proprie vecchie abitazioni), al degrado ambientale e a un vivere civile sempre più caotico e carente di qualità ed efficienza nei servizi essenziali, deve fondarsi sulla chiarezza del modello di città europea (o almeno tra le migliori italiane) verso cui Salerno deve essere riconvertita dopo decenni di bla bla bla. E – diciamolo pure – di documentabili errori e insufficienze in diversi progetti realizzati e realizzandi. La nuova politica per Salerno dovrà – soprattutto – vedere riconosciuto ai cittadini il ruolo di veri protagonisti dello sviluppo armonico e sostenibile della città. Il Comune deve tornare ad essere la casa di tutti e non solo di quelli che risulteranno vincitori. Bisogna tornare ad ascoltare tutti, prima di decidere cosa fare, come farlo e con quali tempi farlo. I problemi prioritari della città devono tornare al primo posto: il livello della sostenibilità ambientale, della pulizia e del decoro urbano, della qualità delle prestazioni sanitarie, dell’intensificazione e della qualità del trasporto pubblico, di un soddisfacente sistema di mobilità urbana, oggi caotico e pericoloso che ci fa apparire come un popolo senza alcun senso di disciplina veicolare e pedonale, del pregio che sappiamo conferire alle nostre proposte culturali, magari poche ma di qualità, cominciando dalle Luci d’Artista che per più lustri sono state mantenute in un profilo basso e mediocre. Per concludere: diamoci tutti da fare – già da ora – per proporre cittadini che hanno qualità, idee e tempo per dedicarsi al bene della Comunità salernitana. E partiamo col piede giusto. Quel che ne è stato di questo trentennio sarà giudicato dalla storia. Sono state certamente fatte delle scelte e delle realizzazioni buone. Ma anche non se sono fatte altre forse prioritarie. Inoltre, alcune di quelle realizzate sono apparse del tutto censurabili. A partire dallo sproporzionato e inutile sviluppo urbanistico (che con enfasi propagandistica è stato denominato Grande Trasformazione Urbana) che ha fatto solo arricchire gli immobiliaristi salernitani e non. Il Municipio torni ad essere la casa di tutti e non solo di chi amministra. E si torni a lavorare PER TUTTI e non solo a vantaggio dei gruppi sociali che sostengono le maggioranze, quali che siano. Trasformare la pubblica Amministrazione in una Public Company da cui dispensare occasioni di affari, ricchezza e prebende ai supporter non sarà mai più permesso. E se fosse dipeso solo da alcuni di noi, state tranquilli che mai l’avremmo permesso

Giuseppe Vuolo

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