Finestre su Paestum/ Povero Sele, sempre più inquinato. Una storia perduta tra denunce e abusi

L’ultima denuncia è della Guardia di Finanza che afferma, senza mezzi termini, che c’è inquinamento marino proveniente da scarichi abusivi di aziende zootecniche sul Sele, secondo la Gdf trasformato in una cloaca. Sono stati denunciati tre responsabili, riscontrate 80 tonnellate di liquami provenienti da 1.400 capi bufalini versati ogni giorno nelle acque del fiume. I finanzieri hanno sequestrato prodotti ittici recuperati da pescatori locali nell’area, potenzialmente pericolosi per la salute. Le indagini e i controlli hanno coinvolto i comuni di Capaccio Paestum, Eboli, Battipaglia e Salerno con una vasta operazione di polizia ambientale, denominata “Silarus”, finalizzata alla salvaguardia del fiume con particolare riferimento all’abusivismo che, nel corso del tempo, ha interessato le pendici, gli argini e il territorio circostante l’alveo del fiume.

Le attività operative condotte con l’ausilio di elicotteri del Corpo, hanno permesso di mappare l’intero percorso del fiume riscontrando gravi irregolarità che hanno determinato 79 sequestri penali per un totale di oltre 725.000 metri quadrati di occupazione e/o abusivismo edilizio sul demanio fluviale e il deferimento alle Autorità Giudiziarie di Avellino e Salerno di 100 persone. Trovate consistenti chiazze di liquami negli specchi acquei dei comuni di Salerno, Battipaglia, Eboli e Capaccio Paestum che derivavano dalla foce del fiume Sele. Diverse aziende zootecniche che si affacciano sul Sele, scaricavano abusivamente le deiezioni degli allevamenti di capi bufalini nel fiume, con gravi conseguenze non solo sull’ecosistema fluviale ma anche su quello marino. Gli accertamenti successivi, con la collaborazione dell’A.R.P.A.C., (hanno consentito di risalire ai responsabili, individuati nei titolari di 3 aziende operanti nel settore zootecnico, tutte localizzate nel comune di Eboli. Dovranno rispondere di violazioni in materia ambientale ed inquinamento marino, di abusivismo edilizio in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, con la realizzazione di manufatti, adibiti a stalla, edificati in assenza di autorizzazione per 700 metri quadrati circa. Una operazione di controllo delle Fiamme Gialle del mare che verrà intensificata nella stagione estiva in tutti gli specchi acquei della Campania con particolare riguardo alle località a più elevata vocazione turistica.

La violazione del Sele riguarda uno dei siti storici di maggiore pregio ambientale e paesaggistico. “Sil”, pieni di meraviglia, esclamarono i Celti quando dai Picentini si affacciarono e videro la grande massa d’acqua del fiume sotto i loro occhi. Da qui viene il nome, Silarus per i romani, e Silaro e poi Sele, per noi contemporanei. Sil, vuol dire “Grande massa di acqua”. E oggi? “Il Sele è un fiume che scompare”, denunciano da Contursi e dintorni. Nonostante le nevi e le piogge di quest’annata meteorologicamente eccezionale. La neve che è davvero poca sui nostri monti e le piogge abbondanti faranno sì che d’acqua nell’alveo non ne avremo tanta. E che faranno risaltare ancora di più gli episodi di inquinamento. Storie d’acqua prima per bere e poi per vivere. Quella del Sele noi la regaliamo ai nostri vicini, quelle del Molise e del Lazio, dalle quali si approvvigiona Napoli, invece la dobbiamo pagare. Alla guida dell’associazione “Amici del Sele”

L’artista Lello Gaudiosi presidente di Amici del Sele

c’è il pittore Lello Gaudiosi, “L ’Alta Valle del Sele muore di sete”, denuncia l’ elegante pittore – professore, quasi un dandy inglese, presidente dell’Associazione. Il fiume è la sua madeleine proustiana. Ha cominciato ad amarlo già quando da bambino seguiva sua nonna Rosaria, una delle lavandaie delle Terme che sulle “strecature” delle pietre del fiume lavava le lenzuola dei clienti degli alberghi. “Ho capito solo dopo che ci venivano i rampolli dei Cirio, i figli di Achille Lauro e i vescovi, questo era già un luogo alla moda. A conquistarmi però fu il suono del fiume. Vedere questi “signori” che poi prendevano la loro cesta ed andavano a pescare. E compravano i prodotti dei nostri contadini e le trote fario dai pescatori di Quaglietta”. Da quindici anni Gaudiosi si batte perchè ai“valligiani” venga restituita una parte importante delle acque del grande fiume che dai primi anni del Novecento ha cambiato il corso anche di altre cinque regioni meridionali. “Il Sele è il Nilo dell’intero sud Italia”, sottolinea Franco Comentale, agricoltore – sindacalista di Buccino. Gaudiosi propone anche piccoli invasi che possano ridare ai valligiani una percentuale minima dei 15 mila litri al secondo che sono inghiottiti dagli acquedotti. “Già al

La Piana del Sele in una foto dell’Archivio EBAD

Cantariello, tra Quaglietta e Calabritto, vediamo morire i pesci per la mancata ossigenazione determinata dalla grave carenza idrica. Larghi tratti sono poi già preda dell’eutrofizzazione”, denuncia. Da più di un secolo l’acqua del Sele è stata utilizzata per la più grande opera di solidarietà della storia meridionale: per dar da bere alla Puglia assetata. Oggi la Puglia, tra gli invasi lucani sull’Ofanto, i grandi potabilizzatori e la diga di Conza della Campania, scoppia d’acqua. E si permette di costruire nuovi alberghi sulle coste. La nuova lotta di Lello Gaudiosi è vedere l’Acquedotto Pugliese restituirci almeno una metà di quell’acqua. “Si rivitalizzerebbe l’Alta Valle del Sele e si porrebbe un freno all’erosione delle nostre spiagge”. Montagne piovose e nevose, immerse in boschi sterminati ci regalano le chiare, fresche e dolci acque del fiume Sele. Ad Acqua delle Brecce ed al Cerasuolo vengono fuori qualcosa come 4000 litri d’acqua il secondo. Ci sono, o per meglio dire, c’erano, le sorgenti Senerchiella e del Cantariello. Quell’acqua raggiunge 260 comuni. Posto sia vero che ”Altissima quaeque fluma minimo sono labi”, più i fiumi sono profondi, con minore rumore scorrono, così come dice l’adagio classico, bisogna dire che il Sele è ormai muto. E’ un fiume della memoria. Di acqua, verso valle, non ne scorre più. E quando l’acqua è poca non ne risentono solo le povere “papere”, che continuano a non galleggiare. Presso Caposele è ancora attiva una peschiera, ultima struttura sopravvissuta di una tradizionale attività d’allevamento ittico, che, nel secolo scorso, era diffusa in tutta la Valle. Non c’è acqua a sufficienza?

Opera di Lello Gaudiosi

Languono le attività umane, tutte, che dal consumo dell’acqua traggono motivo d’esistenza. Storie annose. Già all’inizio del Novecento l’acqua del Sele è già deviata verso la Puglia, poi l’acqua se ne va verso le città della costa salernitana. Il resto lo fa la siccità, ormai endemica e frutto delle modificazioni climatiche, che ha ridotto del 40% la portata delle acque che cominciano già a raccogliersi tra i due colli del Montagnone di Nusco, ma diventa quello che è presso la ricca sorgente del Paflagone, presso Caposele. Le esigenze, dell’agricoltura della Piana del Sele, come delle zone turistiche litoranee, nell’ultimo decennio, sono cresciute a dismisura. I conti sono facili da fare. Quattromila litri al secondo li preleva l’Acquedotto Pugliese, che non rispetta l’obbligo del rilascio in alveo di 500 litri ed ha elaborato un progetto per portare in Puglia altri 9000 litri. Altri duemila litri, nella zona di Quaglietta, li canalizza l’Asis, già Acquedotto del Calore e Montestella, tanto quanto, nei periodi di siccità, è la portata delle sorgenti captate. Ci sono poi i fabbisogni degli stabilimenti termali di Contursi. I disagi, oltre che nella zona alta della provincia, si avvertono già a Persano. Alla traversa della diga i Consorzi di Bonifica in Sinistra e Destra Sele, concessionari di una portata di 14, 5 metri cubi il secondo, si devono accontentare di meno della metà. “Che senso ha- continua Gaudiosi – mandare d’estate l’acqua pregiata della sorgente del Cantariello alla costa cilentana? I villeggianti la usano per sciacquarsi dopo il bagno a mare. Gaudiosi era tra quelli che voleva che i cilentani usassero l’acqua dell’Alento e non si arrende. E’ andato a trattare finanche con la Regione Puglia ma da solo non può fare molto. “Napoli beve con le acque che vengono dal Molise e dal Lazio. Gli conviene lasciare ai pugliesi il Sele e la diga di Campolattaro. “Ignoramus et ignorabimus”, non sappiamo e non sapremo mai se questo patto scellerato sia o più o meno in corso. Quel che sappiamo è che l’assalto generalizzato alle acque del Sele produce una profonda alterazione del regime idrologico dell’intero bacino che, nell’Alto e Medio Sele, determina la perdita delle caratteristiche di corso d’acqua perenne”. La soluzione è semplice da enunciare, più difficile da praticare. Dal “consumo” dell’acqua si dovrà passare all’uso, da regolare con un vero e proprio “contratto” così come propone Concetta Mattia, già consigliera comunale di Caposele.

Nell’immagine di copertina un’opera di Lello Gaudiosi, di Amici del Sele

Oreste Mottola

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