A Salerno La paranza dei bambini di Saviano e Gelardi

Arriva a Salerno al Teatro Augusteo, domenica 11 Marzo alle ore 18,30,  lo spettacolo “La paranza dei bambini” di Roberto Saviano e Mario Gelardi. L’evento chiude la IV Edizione della rassegna di teatro contemporaneo “Out of Bounds 2018” della L.A.A.V Officina Teatrale di Licia Amarante e Antonella Valitutti. Il progetto è del Nuovo Teatro Sanità di Napoli produzione Mismaonda, co-prodotto da Marche Teatro e Teatro Carcano, in partnership con AMREF.  Mario  Gelardi, già regista e adattatore per il teatro di “Gomorra” , è fondatore di uno dei teatri più interessanti che si sono aperti a Napoli negli ultimi anni, il Nuovo Teatro Sanità, sala di circa ottanta posti all’interno di una chiesa settecentesca in stato da abbandono da decenni nel noto quartiere della Sanità e dove sono già passati dal 2013 i migliori maestri e attori della scena partenopea. Lo spettacolo di domenica,  già presentato lo scorso anno al Festival dei due mondi di Spoleto, è con Vincenzo Antonucci; Luigi Bignone, Antimo Casertano, Riccardo Ciccarelli, Mariano Coletti, Giampiero de Concilio, Simone Fiorillo, Carlo Geltrude, Enrico Maria Pacini, e con Ivan Castiglione.  Per info e prenotazioni: +39 3465906033 / +39 3779969033.

 Dove ci sono i bambini c’è un’età dell’oro. E’ la citazione del poeta Novalis, con cui si apre “La paranza dei bambini”, di Roberto Saviano (Feltrinelli 2016), storia di ragazzini alla conquista di Napoli. Tra i quindici e i sedici anni, dai soprannomi fantasiosi, come Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Lollipop, Drone, Copacabana; felpe, scarpe griffate e nomi tatuati sulla pelle. Le loro filosofie sono semplici, gli stili omologati, motorini che sfrecciano senza freni e senza caschi, soldi da guadagnare in tutti i modi, potere  di strada da prendersi con tutti i mezzi. La paranza, scrive Saviano, viene dal mare e chi nasce dal mare ne resta zuppo, perché c’è il mare della fatica, il mare degli arrivi e delle partenze, il mare dello scarico fognario, il mare che ti isola, il mare di notte. La notte è quella dei bambini, che continua il filone avviato con “Gomorra”, con la tecnica di fiction/non fiction, costruita da Saviano; una tecnica che mescola i generi, la verità della cronaca, il trattamento da sceneggiatura filmica, la narrazione letteraria e descrive un ulteriore spaccato delle infinite sfumature di violenza nel napoletano,  quello di un gruppo di fuoco legato alla camorra, un apprendistato dell’orrore che  si impara prima sparando alle antenne sui tetti delle periferie, e poi si esercita direttamente sui “nemici”, cominciando così ad occupare il territorio e poi a controllarlo, fino a delineare il profilo di piccoli boss di quartiere.  E la paranza non è quella dei pesciolini che si catturano con le lampare  di notte, ma di giovani morti ammazzati prima ancora di crescere, per uno sguardo sbagliato, per uno sgarro di droga, perché s’è mancato ‘o rispetto. Pesciolini morti, scoppiati da esplosioni di parole, scontri, conflitti, barbarie, con la  vita reale che sobbalza sulle pagine e si fa accusa e denuncia politica. Echeggiano nel testo le risate, “simili al raglio di Lucignolo”, “Risate di ragazzini, sguaiate, tracotanti, un poco mimate, per compiacere”. E le storie si muovono nei casermoni ai confini della città, nei quartieri fantasma:“ Gianturco che suona nome d’oriente, che suona giallo, campo di grano, è soltanto il cognome di un ministro, Emanuele Gianturco, un ministro dell’Italia appena unita, che lavorò al diritto civile sociale come garanzia di giustizia. Un giurista senza più nome di battesimo che ora si piglia strade di capannoni abbandonati, puzza di chimica di raffinerie. Era quartiere industriale, quando ancora c’era industria”. Con il romanzo Saviano si confronta con il dialetto, o meglio con le trasformazioni della lingua napoletana che in periferia ha perduto il carattere nobile della tradizione e di cui conserva solo gli echi lontani ed è divenuto slang metropolitano. Un dialetto imbastardito “imbastardito” che coglie la mutazione violenta e il passaggio brutale dall’infanzia alla criminalità: “Guagliu’, si chiude il testo, ci hanno battezzato: simmo la paranza dei bambini. E piove  e la strada si annerisce di ombrelli e la paranza si prese l’acqua addosso, la morte e l’acqua sono sempre una promessa”.

Nelle foto: scene dello spettacolo; Mario Gelardi e Roberto Saviano; la copertina del libro di Saviano;  il Nuovo Teatro Sanità a Napoli.

 

 

 

Luciana Libero

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