La Città e la città senza legge. Salerno caso nazionale

Si sono riuniti giovedì scorso qui a Salerno,  “Gli Stati generali dell’editoria” dedicati appunto al “caso Salerno” e alla vicenda del giornale La città, promossi dall’Ordine nazionale dei giornalisti e della Fnsi che hanno voluto così sottolineare il loro impegno a sostegno dei giornalisti del quotidiano e alla loro vertenza. Riuniti nella chiesa di S.Apollonia, alla presenza degli organismi regionali di categoria e di una folta platea di colleghi,  con alcuni rappresentanti delle istituzioni, Alfonso Andria e il presidente della Camera Penale, l’avvocato Luigi Gargiulo, la vicenda  che si è conclusa con il licenziamento e la cassa integrazione per 20 persone tra giornalisti e impiegati, ha mostrato tutti i suoi lati oscuri e impensabili in una normale di società civile. Una situazione “opaca” quella dei vari cambi proprietari, come l’ha definita Andria ma il termine è ancora delicato in proporzione all’abnormità di  mettere in liquidazione una azienda e farne di lì a qualche giorno un’altra per editare la stessa testata ma senza la sua storica redazione. Immaginate  se una cosa del genere fosse accaduta, ad esempio, a Bologna con Il Resto del Carlino; la città sarebbe insorta, non solo per l’intervento massiccio dei sindacati e dell’Ordine (che pure nel caso salernitano sono presenti),  ma di tutta la società bolognese. Lo stesso editore Riffeser non si sognerebbe mai una cosa del genere che  può avvenire solo in un contesto in cui si sono perse da tempo le regole del diritto. Una impresa editoriale ( o aspirante tale), anche se locale, risponde agli stessi requisiti di una impresa nazionale e al medesimo sistema di regole che sovrintende a questo settore. Un sistema complesso che riguarda un prodotto particolare quale è l’informazione, con una rete articolata di pesi e contrappesi, di norme e vincoli che si è formata negli anni, frutto di faticose conquiste, di innumerevoli contrattazioni, accordi e intese tra numerosi soggetti: la Federazione degli editori, la Federazione della Stampa; gli Ordini Professionali, il Ministero del Lavoro, il Garante per l’Editoria, la stessa Magistratura, l’Istituto di Previdenza.  Nessuna vera impresa editoriale potrebbe mai comportarsi come in una repubblica delle banane, infischiandosene delle regole a meno che non ci sia un contesto che glielo consente. La vicenda del giornale salernitano, da qualunque parte la si giri, è esattamente questo: da società So.Ge.P.Im S.r.l., holding della famiglia Lombardi-Scarlato con il distributore Di Canto, a Edizioni Salernitane,  a Quotidiani srl; una girandola di mutamenti societari che fin dall’acquisto della testata aveva un solo scopo, rastrellare pubblicità con una pseudoinformazione senza dover rispondere alle regole del settore, a cominciare dal rispetto dei contratti nazionali. Questo non c’entra nulla con la crisi dell’editoria, nè con le azioni dell’attuale governo sulle provvidenze, come sembra voler affermare il sindacato campano. E’ una storia tutta salernitana che al di là degli esiti futuri delle vertenze, è al momento in atto e nessuno ancora è riuscito a bloccarla. Come nessuno è riuscito, poco più di un anno fa,  a bloccare una cessione  da parte di un solido gruppo nazionale  come Repubblica/Espresso, a quanto pare senza alcuna garanzia per il lavoratori. In solo un anno  e mezzo si è assistito a vorticosi cambi di scena e continui attacchi ai lavoratori, fino al clamoroso epilogo finale. Eppure esistono sanzioni se non si rispettano determinate procedure; iter formali per lo stato di crisi, obblighi di trasparenza sui passaggi societari. “Le operazioni che si nascondono dietro la chiusura del giornale, ha dichiarato Giulietti della Federazione nazionale della stampa presentano profili più che opachi sui quali devono essere interessate la magistratura e l’Agcom”. Appunto, l’Agcom può intervenire sulla Magistratura che può fare indagini sui cambi societari; lo stesso Registro degli operatori di comunicazione obbliga a “finalità di trasparenza proprietaria” come sono tutelati i diritti acquisiti dal giornalista nel caso di cessazione dell’azienda. Eppure da un mese continua ad uscire in edicola il quotidiano con una nuova società, con lo stesso direttore  Antonio Manzo  che evidentemente non sembra dare peso alla procedura disciplinare al Consiglio dell’Ordine.  “Un cambio di proprietà, ha dichiarato Andria, nell’incontro a S. Apollonia,  può essere nell’ordine naturale delle cose ma se questo diventa un espediente per confondere l’interlocutore, il ruolo delle istituzioni avrebbe potuto esercitare una funzione di deterrenza”.  In definitiva, grande è l’indignazione; ampia è la solidarietà ma sembrano mancare azioni concrete e più incisive. A completare il quadro arrivano a ferita ancora aperta, iniziative bizzarre come il prossimo primo aprile l’incontro su un libro sul ’68 moderato dal direttore Antonio Manzo con politici che fino a qualche giorno fa hanno fatto interrogazioni sul tema e nella sede del Comune di Salerno, il cui Consiglio ha espresso la rituale solidarietà. Quanto è avvenuto al giornale salernitano, ceduto per quattro soldi a imprenditori che nulla hanno a che vedere con l’editoria, dove la carta stampata somiglia sempre più ad un commercio di lupini, è potuto accadere proprio per l’anomalia di una città dove le regole sono scomparse insieme a coloro che dovrebbero farle rispettare.

Nelle foto: Scultura di Vavuso su La città di Salerno; il foglio “A testa alta” fatto dai giornalisti di La Città; foto di gruppo della redazione con il direttore Stefano Tamburini; la locandina sull’iniziativa in programma domani al Comune di Salerno

 

 

 

Luciana Libero

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