Crescent, il Mostro di Salerno (aggiornamenti)

Mentre continua la battaglia degli ambientalisti e si susseguono nuove udienze del procedimento penale in corso, si continua a costruire nell’ area del Crescent, sull’ ex tracciato del Fusandola, su aree non del tutto sdemanializzate e con permessi non in regola. Nei giorni scorsi, Italia Nostra, Comitato No Crescent, hanno riproposto al TAR l’istanza cautelare che sarà fissata a breve e chiederanno l’avocazione delle indagini. Nel frattempo la SIST srl (la società immobiliare proprietà dell’area ex Jolly Hotel) ha realizzato il parcheggio interrato sotto l’edificio e altre costruzioni per appartamenti e uffici sono previste nell’area a completamento dell’edificio principale.

Anche per chi non è nato a Salerno, non è difficile amare questa città, per tutta una serie di fattori che la caratterizzano; quali ad esempio, la sua dimensione demografica, la posizione geografica e la conformazione orografica che ne hanno orientato l’ evoluzione storica e l’hanno resa una perla delle città del meridione per molte tipicità che la identificano. Tali caratteri identitari sono il centro storico, con le sue mura che partono dal castello di Arechi delimitante buona parte del colle Bonadies e che continuano il suo percorso in un protettivo abbraccio della prima cintura del nucleo storico; le sue emergenze architettoniche e storico culturali quali il Duomo medioevale con il suo quadriportico ed il suo campanile, la Scuola medica salernitana i cui resti sono materializzati nell’orto botanico dei Giardini della Minerva, l’architettura conventuale e monastica del centro storico alto, la città longobarda con la sua cappella palatina ed altro, tanto altro ancora. La tumultuosa urbanizzazione degli anni ’60 e ’70 e l’espansione del porto commerciale, non sono riuscite a cancellare del tutto le testimonianze del rapporto tra il centro storico ed il mare, rappresentato in particolare dalla spiaggia di Santa Teresa quale naturale cerniera tra il porto ed il lungomare. Elemento sicuramente caratterizzante era inoltre la palazzata dei primi Novecento del Lungomare e dei suoi giardini, per la quale, grazie all’attivismo delle associazioni,  si sono recentemente scoperti diversi vincoli di tutela imposti da specifici decreti ministeriali. In tale fortunato contesto, nemmeno nei peggiori incubi si sarebbe potuto immaginare che la smania di protagonismo ed egocentrismo di un uomo solo al comando avrebbe sconvolto in un colpo solo una stratificazione storica e culturale di oltre 1000 anni, con la riproposizione di stili e linguaggi appartenenti a megalopoli di memoria imperialista e totalitaria. Mai si sarebbe potuto immaginare che si ideasse una tale mega opera, ormai definita con la comune denominazione di Crescent e offendere così la storia di Salerno con una grave cancellazione dei caratteri identitari di una comunità. Non vi è dubbio infatti che una comunità non può definirsi tale se non si identifica con i caratteri peculiari dei suoi luoghi ancora sopravvissuti, mentre il tentativo di sostituirli con nuovi caratteri o meglio con un nuovo “modello”,  deve necessariamente relazionarsi al passato con la dovuta attenzione, altrimenti costituisce solo una velleità effimera di rappresentare a cittadini sudditi, attraverso la maestosità della grande dimensione, la modesta statura del suo ideatore/promotore. Il Crescent, mega opera pubblico/privata avente una dimensione planimetrica di circa 50.000 mq ed un palazzone privato di circa 200 tra appartamenti uffici e negozi, alto più di 30 mt e lungo circa 300 (nella prima versione), doveva e deve, nell’intento del suo promotore, diventare la piazza più grande d’Europa, superiore anche alla piazza S. Pietro in Vaticano ed elevare così la città di Salerno, da piccola ed anonima cittadina del meridione, a grande città della scena europea. Oltre per gli aspetti dimensionali ma anche e soprattutto per quelli architettonici (una lunga muraglia ridondante di colonne doriche posticce), il Crescent è invece un’offesa al contesto architettonico e paesaggistico della città, e, con il suo abnorme emiciclo che circoscrive la piazza monumentale, impone un nuovo elemento identificativo e connotativo estraneo che oscura (rectius cancella) sic et simpliciter, tutti gli elementi identitari storici e paesaggistici. Emblematico a tale riguardo lo spostamento del torrente Fusandola per far spazio all’emiciclo, la cui presenza ammonitrice in quei luoghi suggeriva mestamente, e da sempre, una sua rinaturalizzazione invece di essere considerata dai tecnici del palazzo una “interferenza”. Il Crescent è un’offesa all’ambiente di un’area sensibile connotata da delicati equilibri idrogeologici, in quanto sorge su una superficie sottratta al mare a seguito di una colmata di detriti di oltre 100.000 mc piovuti e depositati sostanzialmente in una sola notte dell’ottobre del ’54, con la disastrosa alluvione che trascinò a valle anche centinaia di morti. Incredibilmente, essendo tale area insufficiente a contenere l’alienante piazza di circa 30.000 mq, si è reso necessario coinvolgere (o meglio stravolgere) la linea di costa ampliandola a scapito dell’arenile esistente, della foce del torrente Fusandola e di un cospicuo specchio aqueo che oggi risultano totalmente cementificati. In tal modo sono state cancellate un’area di demanio idrico nonché di demanio marittimo di oltre 20.000 mq, tra cui oltre 6.000 mq di arenile (spiaggia di s. Teresa) e oltre 4.000 mq di mare, sottoposti ad invalicabili vincoli statali e normativi e cancellati anche in spregio a specifici vincoli ministeriali. Tali vincoli certamente non ne permettono alcunamodifica, né la sdemanializzazione o la sua alienazione e nemmeno l’uso in concessione temporanea che ha invece consentito al Comune di Salerno l’alterazione e la modifica di beni appartenenti al pubblico demanio, contro le leggi vigenti. Il Crescent è un’offesa alla vocazione turistica di una piccola città gradevole ed ospitale che non deve puntare a mega opere non sostenibili, ma a progetti di recupero e di riqualificazione del tessuto storico con la valorizzazione delle proprie risorse ambientali e paesaggistiche. Il Crescent è un’offesa alle norme imposte dallo stesso Piano Urbanistico Comunale, incredibilmente non rispettate proprio da chi le ha dettate mentre se ne pretende dai cittadini l’assoluto rispetto. E’ un’offesa alla Costituzione e alle istituzioni che contro i compiti a cui sono preposte hanno permesso lo sfregio della loro funzione pubblica (Soprintendenza, Genio Civile, Autorità di bacino, Autorità portuale, Ordini professionali, etc), un coacervo di illegalità che ha generato nel cittadino onesto una sfiducia nei valori etici e nei principi fondanti della Repubblica. E’ un’offesa alla sensibilità ed alla intelligenza dei salernitani nel cui animo alberga il diritto/dovere di sentirsi parte di una comunità che si trova ad assistere all’ennesima speculazione edilizia di una parte così significativa del lungomare e del centro storico, con l’alibi della “riqualificazione” urbana; con in più la mistificante e alienante “firma d’autore” della ennesima archistar. E’ un’offesa per gli architetti salernitani che debbono guardare alla mortificazione della propria città con un progetto finanziato dal denaro pubblico, preconfezionato, decontestualizzato sia per gli aspetti dimensionali, architettonici che tipologici e redatto su commissione da un architetto certamente poco sensibile ai caratteri storico culturali del nostro territorio. Un reale e duraturo sviluppo economico di un’area richiede politiche miranti ad interessi diffusi e progetti sostenibili il più possibile condivisi e rispettosi delle caratteristiche vocazionali, e non certo la costruzione di un progetto speculativo con la vendita di appartamenti, uffici, negozi e posti barca per pochi fortunati. Lo stesso uso dei fondi comunitari va destinato a recuperare e riqualificare il nostro patrimonio storico culturale e non le opere di urbanizzazione di un comparto edificatorio.Da questo contesto socio culturale che ha permesso l’ideazione e la realizzazione del Crescent, ne viene fuori un quadro desolante, dai  molteplici silenzi assensi di cui ha goduto come  quello della soprintendenza locale; mentre decisamente clamorosi ed assordanti sono stati quelli del mondo accademico e degli ordini professionali, in special modo dell’ordine degli architetti in gran parte connivente. Fortunatamente una parte della città ha reagito con l’emergere di aggregazioni spontanee di cittadini riunitisi in comitati, quali il Comitato No Crescent che con l’appoggio di Italia Nostra, ha condotto una tenace battaglia anche in sede giurisdizionale, conseguendo importanti risultati, varie ordinanze cautelari accolte al Tar e al Consiglio di stato, la sentenza di annullamento dell’intera procedura paesaggistica, vari sequestri preventivi e l’avvio di diversi processi penali tra i quali il principale vede imputati l’ex sindaco di Salerno oggi governatore, soprintendenti e funzionari della Soprintendenza e del Comune, ben due giunte comunali, i costruttori, e che vedrà molto probabilmente la sua conclusione nel prossimo anno. In contrapposizione alla devastazione dei luoghi e dello spirito, il diritto di cittadinanza ha fatto emergere,  in questi lunghi anni di battaglia sul “Mostro di Salerno”, la volontà di essere parte integrante di una comunità, corroborata dall’ amore per la propria città e del suo paesaggio. I risultati conseguiti, compreso un parziale ridimensionamento dell’edificio che oggi prevede il solo emiciclo, non concludono la lotta civica che prosegue perlomeno finche’ qualcuno continuerà a confondere il ruolo di custode di un territorio con quello di proprietario.

 

Vincenzo Strianese

Architetto

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